Stesso posto, stessa ora. In assoluta segretezza.
Era una grigia sera autunnale, gironzolavamo con i nostri zainetti sulle spalle pieni di giochi elettronici di ultima generazione.
Annoiati, eravamo alla ricerca di un posto tutto nostro in cui isolarci e giocare.
Ben presto si scatenò un violento temporale e senza rendercene conto, ci ritrovammo davanti ad una tipica casa antica, disabitata da tempo e ormai in rovina.
Il cancello era solo accostato. Incuriositi, entrammo…
Quale meraviglia si spalancò davanti ai nostri occhi! L’interno era ben conservato, alle pareti tanti utensili da lavoro appesi e, sparsi qua e là, tanti oggetti simili ai giochi tante volte descritti dai nostri nonni e realizzati dalle loro mani ruvide e sapienti, scavate dal duro lavoro: un carro realizzato unendo tante foglie di fichi d’india, una scatola con tanti bottoni legati ad un filo, tante trottoline di legno di varie misure…
Guardate! - dissi entusiasta - questi sono giochi antichi! Questo è “su carretteddu de figu morisca”, mio nonno me ne ha regalato uno in miniatura, quando avevo cinque anni!
Nessuno mostrò particolare interesse.
Eravamo in un'enorme stanza, tutta per noi, con al centro un maestoso camino e dei tizzoni ancora ardenti.
Francesco diede un’occhiata in giro per vedere se c’era altra legna da aggiungere al fuoco che di lì a poco si sarebbe spento, ma non trovò niente.
Intanto, noi ci sistemammo intorno a ciò che rimaneva del fuoco e svuotammo i nostri zainetti, impazienti di trascorrere qualche ora immersi nei nostri giochi, lontano dai noiosissimi rimproveri degli adulti che continuamente sottolineavano il rischio da dipendenza che questi giochi comportavano…
Che pacchia!Nessuno ci avrebbe interrotto!
Passò qualche ora nel più totale silenzio, ognuno ostaggio del proprio Nintendo o Game Boy. Non scambiammo una sola parola.
Il freddo cominciava a farsi sentire ma noi eravamo come rapiti dal nostro gioco.
Intanto, il fuoco si spense.
Il silenzio fu interrotto bruscamente quando a Riccardo cadde il Game Boy dalle mani. I suoi occhi finirono casualmente sull’etichetta. “ Avete notato - disse - che i nostri giochi sono sempre fatti in Cina o in Thailandia? Secondo voi che bisogno c’è di realizzarli in posti così lontani da noi? Tante persone vanno via dal nostro paese perché non c’è lavoro, ma se potessimo costruirli qui, come un tempo, forse molti non andrebbero via e i nostri paesi non sarebbero così spopolati…”. “Il motivo c’è ed è ben chiaro, replicò Corinne. Ho letto su un libro che spiega la globalizzazione a noi ragazzi, che i giochi vengono realizzati in paesi così lontani perché lì, sfruttano bambini le cui piccole mani riescono a maneggiare con più facilità i piccoli pezzi di cui sono composti gli ingranaggi di tutto ciò che noi compriamo con tanta leggerezza! Questi bambini diventano schiavi delle multinazionali e in cambio di tante ore di lavoro in luoghi malsani e privi di sicurezza, ricevono solo una ciotola di riso…”
“Ma è una crudeltà !” rispose Sara.
“La loro è un’ infanzia negata – disse Francesca- mentre la nostra è stata dorata”.
“Forse dovremmo imparare ad essere consumatori più attenti e cominciare a boicottare tutto ciò che viene realizzato nel disprezzo dei più elementari diritti umani”. “Cioè? Boicottare? Cosa significa?” chiese Riccardo.
“Ti ricordi quel pomeriggio in biblioteca quando cercammo un libro su Ghandi per capire meglio il suo pensiero?” continuò Laura.
Quel pomeriggio ci eravamo riuniti in biblioteca perché dovevamo fare una relazione su alcuni testi in cui si parlava di globalizzazione e boicottaggio come strumento di protesta. Lì scoprimmo che Ghandi aveva incitato il suo popolo a boicottare, cioè a non acquistare i prodotti che arrivavano dalla Gran Bretagna quando l’India si trovava sotto il suo dominio e ne chiedeva l’indipendenza.
Intanto,senza rendercene conto,il fuoco era diventato enorme, aveva cominciato a scoppiettare e la fiamma rischiarava la stanza.
Tutti ci girammo verso di esso, spaventati e incuriositi allo stesso tempo. Nessuno di noi aveva aggiunto legna e per giunta quando eravamo entrati nella stanza, il fuoco era quasi spento. Com’era possibile tutto ciò? Che cosa lo aveva alimentato?
Un silenzio quasi spettrale si impadronì della stanza e ognuno di noi tornò al proprio gioco.
In pochi minuti la stanza si ritrovò quasi al buio. La fiamma si era spenta.
C’era qualcosa di strano in tutto ciò…
Quasi per esorcizzare la paura e per spezzare il silenzio, abbandonati i nostri giochi, ad un tratto riprendemmo a parlare e a curiosare nella stanza.
Martina, Ludovica e Corinne salirono sul carretto guidate da Francesco, svuotammo sul pavimento la scatola con i bottoni e cominciammo a giocarci,
Riccardo trovò uno zufolo di canna completamente annerito e cominciò a suonare festosamente. Una luce irreale si impadronì della stanza…
Fissando la parete sulla quale erano appese tante cose Mattia fu attirato dalle trottoline di legno e si ricordò che qualcuno in casa gli aveva parlato di un gioco divertente da farsi proprio con quegli strani oggetti.
– Mi piacerebbe capire proprio come le realizzavano- disse adalta voce…
E nel chiacchiericcio generale, intanto, la fiamma riprese vigore, la stanza si illuminò e nel fuoco si aprì… un varco!
Sentimmo una musica e quasi ipnotizzati, la seguimmo. Sembravano canti sacri in lingua sarda.
Oltrepassato il varco, ci ritrovammo davanti alla chiesa.
Che strano vedere il piazzale senza i soliti motorini e le macchine, ma con tanta gente per le strade!
Nelle viuzze del paese, tante botteghe artigiane dove si intagliavano piccoli oggetti in legno, per strada i bambini giocavano con sa badruffa e al gioco del bottone. Da un vicolo, all’improvviso sbucarono tanti bambini su un carretto lanciato in discesa a tutta velocità. Le loro risate festose riecheggiavano nelle vie del paese rallegrando gli adulti al lavoro. Sembravano divertirsi un mondo, così ci unimmo a loro.
Provammo tutti i giochi e ci divertimmo un sacco! Il tempo trascorse senza che noi ce ne accorgessimo,tanto era il divertimento nel lanciarsi giù per le strade con il carretto.
Nei pressi del fiume, riconoscemmo le nostre nonne bambine che aiutavano le mamme a lavare i panni. L’aria era colma delle loro voci e di risate gioiose. Poco più in là, i nostri nonni bambini aiutavano gli adulti a raccogliere le barbabietole.Alcuni ragazzi raccontavano sui muri delle case scene di vita quotidiana con colori vivaci, dai cortili ciottolati delle case arrivava il profumo del pane appena sfornato, dalle botti l’odore del mosto e dal frantoio vicino giungeva il selvatico aroma delle olive appena spremute.
Una vera e propria scuola all’aria aperta in cui bambini e bambine imparavano a diventare grandi.
Tutti sembravano contenti di contribuire alla vita della comunità e il paese pur piccolo, palpitava di vita!
Intanto, rincominciava a piovere…
Cercammo riparo in una casa che ci sembrava familiare. Una volta dentro, trovammo il fuoco ad attenderci che, accogliente, ci mostrò la via del ritorno.
Arrivati a destinazione, il fuoco si spense: il suo compito era terminato.
A noi ora, cogliere l’importanza di ciò che i nostri occhi avevano visto…
Oggi siamo andati a vedere i lavori di restauro dell’antica casa.
Con la nostra associazione “Sa Domu de su Fogu”, abbiamo restaurato il nostro vecchio rifugio e onorato così l’insegnamento datoci dal fuoco.
I Murales animano le pareti di ogni stanza, il Salone del fuoco permette ai visitatori di varcare la soglia alla scoperta di un altro mondo e a noi di vivere nel luogo che ci appartiene.Il restauro procede bene, tutto va avanti secondo i piani.
Il fuoco rivelatosi a noi come lo spirito del tempo passato, più volte ci aveva accolto mostrandoci la vita secondo i ritmi della natura e delle stagioni, la vitalità e la ricchezza del nostro paese d’appartenenza pur nella semplicità della vita quotidiana.
Egli, geloso custode delle memorie di un luogo ci aveva insegnato, più di ogni altra cosa, che
perdere l’identità del nostro paese è come perdere la nostra.
Istituto Comprensivo di Villamar a.s. 2012-2013
Docente: Prof.ssa Garau Stefania
Alunni: Addari Sara
Buda Riccardo
Caredda Mattia
Martis Corinne
Mura Ludovica
Pilloni Francesca
Plantas Laura
Schirru Martina
Sciola Francesco
© GalMarmilla