11 luglio 2014
Inaugurazione: 11 luglio, h 18.30 presso il Museo Naturalistico del Territorio “G. Pusceddu” (Sa Corona Arrubia) Località Spinarba Sa Corona Arrubia
Strada Lunamatrona-Collinas snc
Orari del museo: Lunedì: 14.00-19.00; Dal Martedì al Giovedì : 9.00-13.00; 15.00-19.00; Venerdì, Sabato e Domenica: dalle 9.00 alle 19.00 (orario continuato)
Info: 070 9341009
In principio era il cerchio. Vent’anni fa una giovanissima Maria Caboni espose a Cagliari acquerelli in serie, su carta, che proponevano un tema declinato in differenti aspetti: il soggetto – un ranuncolo – era ordinatamente elencato nella sua forma-base circolare attraverso l’infinita svariatezza di particolari e sfumature colorate. Si direbbe che forse mai un fiore fosse stato talmente esaminato e analizzato nelle sue porzioni, così apparentemente simili quanto realmente diverse. Non era curiosità botanica, ma desiderio di esplorare corpo e anima di individualità naturali. Con esito insospettato, poiché si scopriva un’artista di pennello leggero e sentimenti delicati.
Che ci si può attendere, del resto, da una persona che ha fatto decenni di danza, ha coltivato musica e letteratura, ha studiato arte? Nata musicista e poeta, Maria Caboni concentra la sua autonomia espressiva nella forma e nel colore: ha scelto la pittura per liberare intime sensazioni come fossero suoni e metrica. Sarà anche per questo che predilige la carta su cui adoperare il pennello, come possiamo immaginare userebbe la penna d’oca per imporre andamento armonioso a una composizione in versi, o su pentagramma. E’ questa somma d’interiorità che l’ha guidata in un percorso vivacizzato dalla creatività e rappresentato da un evidente sviluppo delle forme pittoriche: espansione di un procedimento costruttivo accompagnato dalla calma riflessione del proprio vedere e sentire.
Infatti la circonferenza dell’esordio ha presto lasciato spazio ad altre e non meno elaborate forme, prima squadrate, poi arrotondate, grandi e minuscole, singole o aggregate, con colori di vasta gradazione che riescono a fondersi con discrezione ed eleganti effetti. La circolarità non è stata tuttavia abbandonata nell’itinerario di maturazione, perché i flussi che paiono muoversi sul campo bianco sono diversi, isolati o associati, liberi o concentrici, orizzontali e verticali, dolcemente curvi oppure – appunto – di traiettoria circolare chiusa. Nessun paesaggio, nessuna figura immediatamente riconoscibile, nessuno schema tradizionale, ma linee morbide o forme serrate in sé. Queste ultime impressionano per inventiva e particolare elaborazione artistica: sono piccoli (o grandi) moduli nello spazio, quadrangoli, conformazioni cubiche, volumi oblunghi, ovoidali, forse pietre o gocce o atomi, elementi che si muovono separati o compattati, formano insiemi o galleggiano per potersi comporre, sono statici o dinamici. Il primo effetto visivo è di disordine, ma presto si scopre un mondo affascinante di equilibrate entropie.
In chi osserva, la percezione emotiva discende da rappresentazioni costruite con lucida inclinazione mentale. Ricorrenza di forme semplici, tecnica mista e dominanti cromatiche. Acquerelli, grafite, pastelli, china nera, tempere, sostanze per cotone e seta. Colori decisi, raramente forti, ma piuttosto delicati, sfumati, rilassanti, ricchi di trasparenze. Predominio delle tonalità violette, escursioni dal rosa pallido al rosso, dai verdi ai bruni, fino al nero, in un continuo corteggiarsi e integrarsi, confondersi, mutuarsi e mutarsi. Sono lontani i petali del ranuncolo chiusi in un corpo circolare: il fiore s’è trasformato in un turbine di natura senza confini.
Facile vedere come l’iniziale forma figurativa si sia completamente disgregata e quindi il processo di crescita sia stato un viaggio verso l’astrazione. Quando si è laureata in lettere con indirizzo artistico contemporaneo, Maria Caboni ha presentato una tesi su Kandinsky, e questo suo amore mai mascherato è ormai amore maturo, consolidato, perfino governato in termini personali. Del rivoluzionario Wassily coglie l’importanza dell’immateriale, e quindi dà contenuto virtuale alla realtà materica, liberando ogni corpo da ingombri, limiti e condizionamenti, rendendo tutto trasmutabile e così ponendo l’accento sulla spiritualità della natura.
Ma non siamo soltanto davanti all’astrattismo. Che dire delle cadenze ondulate tipiche del Liberty, le linee sinuose e morbide che Gustav Klimt affianca a strutture geometriche, spesso con piogge pulviscolari di decorazioni bizantineggianti? O degli accostamenti retinati a mosaico, tessere, vetrini trasparenti, campi di murrine che decorano vasi, pitture, arazzi dei primi decenni del Novecento? Vi si trova lo stesso impatto antirealistico che offrono le opere dell’artista cagliaritana: di grande suggestione cromatica e nell’insieme persino figurativa – che è tutto dire mentre si parla di fascino astrattista.
Dai modelli artistici di un secolo fa alle esperienze di casa: Maria Caboni riverbera lo stile di Rosanna Rossi, sua maestra per tanti anni, la cui influenza risalta dalle particolari scelte e strutturazioni del colore su campi bilanciati, dalle tonalità cromatiche, dalle trasparenze, dalle geometrie cosmiche. Poi la conoscenza che deriva dalla pratica fotografica (tecnica acquisita all’Istituto europeo di design, dopo il liceo artistico e prima dell’università) diventata arte con conseguenti esposizioni pubbliche. E fra le acquisizioni culturali rientrano l’esempio e l’incoraggiamento a lottare ricevuti – poco più che bambina – da Joyce Lussu che frequentava la casa dei suoi genitori infondendo belle idee di vita e il pensiero di un’intima rappresentazione utopica che non esclude la possibilità di raggiungere il sogno.
Forma espressiva essenziale e misurata, ricerca di armonia, equilibrio, recupero del bello. Lentezza, oculatezza, concentrazione. Rigore e metodo. Determinazione a costruire e a non distruggere. Andamenti armoniosi come ritmo di versi, frasi, componimenti. Rappresentazioni grafiche di composizioni musicali. Capacità d’impressionare la mente e stimolare la fantasia. Idealizzazione della realtà. Produzione di emozioni. Questo un possibile ritratto di Maria Caboni, che ha alle spalle mostre personali a Cagliari, Bologna e Milano, collettive in Sardegna, a Venezia, a Palermo; opere che vivono in case private a Cagliari, Roma, Siena, Napoli, Milano, Venezia, San Gallo, Basilea, Berna, Parigi, Seattle, Boston, San Francisco, Melbourne, Santiago, Tokyo. Dice che una mostra serve a “fare ordine” e che è punto d’arrivo ma anche di (ri)partenza: perciò trampolino per ulteriori sviluppi, come lei stessa ha dimostrato attraverso le tappe del suo limpido cammino artistico. Ed è convinta che le possibilità comunicative nel campo visivo debbano essere studiate con distesa ponderatezza e serenità. “Perché decidere velocemente, se si ha il tempo di riflettere?”.
A questa mostra, nello spazio artistico del Museo del territorio, l’artista ha dato il titolo “Il sette rosso”, richiamando personali misteri di vita per offrire una larga partitura sulla quale leggere il (forse) definitivo approdo all’astrazione. Un astrattismo, in questo caso, di idee ordinate e immagini dolci, armoniche, accattivanti, che rispettano la visione artistica di Kandinsky secondo cui l’opera d’arte ha un elemento interno (l’emozione dell’anima dell’artista) e uno esterno (l’emozione suscitata nell’animo di chi guarda): è il flusso di corrispondenza emozione/sensazione/opera/sensazione/emozione. Ma non è detto che ciò possa avvenire soltanto per rappresentazioni aniconiche, e ne è prova la serie di raffinati ranuncoli lasciati due decenni or sono.
Mauro Manunza
© GalMarmilla