20 giugno 2013
Alla riscoperta delle eccellenze dei piccoli produttori
Sul piano ligneo accade un miracolo intriso di olio di gomito e manualità femminile. Nella pasta tipica fatta a mano a Bessude, “sos ciciones”, la cottura è di cinque o sei minuti per gustarla alle feste comandate e ai matrimoni, condita con un sugo di carne. Ma servono quattro ore di lavoro per farne mezzo chilo impastando semola, semolato di grano duro, acqua e sale.
E si fa asciugare per quattro giorni. Pasta minutissima forgiata sul canestro, firmata dal vivo, a Siddi, da Chiara Vargiu, che recupera un meraviglioso potenziale della tradizione logudorese. Ai piedi della Giara questa e altre paste tipiche sono state protagoniste di “Pasta e bò”, prima giornata sarda della pasta organizzata dallo chef stellato Roberto Petza, dal ristorante S'Apposentu e dalla Fondazione Accademia Casa Puddu, in collaborazione con il Comune e il Gal Marmilla. Una degustazione (anche di alcune pregiate cantine) mescolata a cooking show, approfondimenti e laboratori per bambini? Nulla affatto.
Un'operazione culturale sincera per fare spazio alle eccellenze dei piccoli produttori impegnati nella tradizione con tecniche e ingredienti naturali. Sotto i gazebo nel giardino di Casa Puddu sorgono lorighittas, marraconis fibaus e tallutzas di Siddi (come l'omonima associazione), fregula, crogoristas di Masullas e tante altre varietà in una molteplicità di nomi perduti nella grande distribuzione che, ad esempio, chiama il culurgione direttamente raviolo. Il tesoro è il grano, l'oro si lavora in cucina e i gioielli imbandiscono la mensa. Lo sa bene una delle maestre, ottantenne, che ha imparato a sei anni. O Gabriela Pitzianti dell'associazione Coricheddos di Lunamatrona con le sue paste ricamate. E tutte le altre donne delle varie associazioni presenti. La pasta in casa non si fa più, ricordano nel dibattito, moderato da Giuseppe Carrus, Gilberto Arru e Giovanni Fancello. Qualcuno osserva banalmente che si perdono le tradizioni in cucina. La causa? Una madre moderna che non cucina perché al focolare predilige i saloni per capelli. «Siamo in una Sardegna matriarcale», sottolinea uno degli esperti, incalzando. «Quando vi fa comodo», l'applaudita risposta di una delle maestre che mostravano la propria arte. Ma qui sta il punto. Per il recupero e il nuovo sviluppo occorrono ragionamenti nuovi, non pregiudizi, e la messa in rete. Mirare, e Petza lo sta facendo, alla filiera riconosciuta del grano duro coltivato e trasformato in Sardegna, in piena consapevolezza di un crescente movimento alla faccia di un'insolente e pericolosa globalizzazione dell'agroalimentare. Ne è capofila la cooperativa Madonna d'Itria di Villamar che, grazie alla filiera garantisce ai produttori un prezzo minimo garantito, ha ricordato il direttore Efisio Rosso.
L'appuntamento in Marmilla - preludio alla seconda edizione del “Siddi Wine Festival” che, a settembre, dopo il successo del 2012 raddoppierà passando da una a due giornate - regala pure le dimostrazioni del padrone di casa e dei colleghi Pierluigi Fais, Roberto Flore e Roberto Serra. E dopo le interpretazioni culinarie dello show cooking gli assaggi di pasta fatta in Sardegna. Come prendere un pezzo della propria terra e rimetterla in corpo, con gusto.
Manuela Vacca
© GalMarmilla