Segariu il Paese delle due leggende

ultimo aggiornamento: 07 febbraio 2014

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Uno scienziato olandese di origine italiana che durante la sua vita aveva girato il mondo, vedendo le cose più strane ed insolite, un giorno aveva deciso di ritirarsi a vivere in Sardegna, vivendo quasi come un eremita sul Monte Maiori, la piccola montagna che sovrasta il paese di Segariu e dalla quale si ha una vista ampia su buona parte della Marmilla.

Tra i tanti luoghi che poteva scegliere per trascorrere la vecchiaia, si era ricordato di quel piccolo paesino nell'entroterra sardo nel quale era passato quando era giovane archeologo e si dirigeva a Barumini per visitare il ben più famoso nuraghe.

In realtà la sua mamma, olandese, gli aveva raccontato che i suoi nonni paterni erano italiani, sardi per la precisione, ma purtroppo, essendo morto giovane il marito, lei non ricordava da quale città o paese provenisse, anche perché lui non ne parlava volentieri, era un uomo di poche parole; sembrava, però, che soffrisse a ricordare la sua terra e non disse mai di volerci tornare. Inoltre, la prigionia successiva alla cattura in Nord Africa durante la Seconda Guerra mondiale, subita in un campo di concentramento inglese, gli aveva compromesso la salute e nel giro di pochi anni, giusto il tempo per veder nascere il suo primogenito maschio, era morto.

Così a Marcus, lo scienziato archeologo olandese, era sempre rimasta la curiosità di scoprire da dove venisse suo padre e si era recato in Sardegna per trovare delle tracce non sapendo minimamente da dove iniziare, unendo l'utile delle sue ricerche archeologiche al dilettevole delle ricerche familiari. Perciò, passando un giorno davanti ad una chiesetta poco fuori l'abitato di Segariu, si era fermato a visitarla e aveva scoperto che lì vicino vi era un pozzo sacro.

La pace del luogo lo aveva fatto sentire bene e la sera stessa volle ripetere un gesto che aveva fatto a Roma pochi giorni prima, così, per gioco: lanciò una monetina esattamente nel centro del pozzo, proprio là dove si rifletteva l'immagine della luna piena che splendeva in cielo quella sera, con la speranza di tornarci un giorno.

Ed infatti era tornato. Ne era passato di tempo! I suoi studi completati, le ricerche in tutto il mondo, dall'Asia all'Africa, dall'America meridionale all'Europa, i libri scritti, eppure, in fondo all'animo, gli era rimasto un desiderio, quello di tornare in quel piccolo paese. Non sapeva perché, il nuraghe che c'era era piccolo e poco conosciuto, quella chiesetta una come tante, il paese neanche particolarmente interessante, tuttavia, dentro di sé sapeva che un giorno sarebbe tornato. E così, una volta rimasto vedovo, si era costruito una casetta sul Monte Maiori vicino al nuraghe crollato e lì viveva serenamente.

Un giorno, passeggiando tra la macchia mediterranea che amava tanto, mentre attendeva un pastore che doveva portargli del pecorino, ripassò per l'ennesima volta vicino al rudere del nuraghe che, ormai, conosceva a memoria, ma stavolta, forse distratto, scivolò su un sasso tondo e aggrappandosi alle strutture ancora in piedi, rovinò a terra trascinandosi dietro alcune pietre del monumento. Un po' malconcio si rialzò in piedi e vide se poteva rimediare al mezzo disastro combinato, riappoggiando le pietre cadute là dove erano state per migliaia di anni. Mentre si apprestava al restauro notò però una cosa che non aveva mai visto: tra le rocce spostate sporgevano dei fogli arrotolati. Era carta, niente di particolarmente antico, però era lì sicuramente da anni, involta in un pezzo di stoffa ormai lacero e consunto. Incuriosito la sfilò: era un manoscritto.

Contento ed eccitato come un bambino ripercorse velocemente la strada di casa, anche se zoppicante a causa della caduta e si apprestò alla lettura, non prima, però, di aver messo da parte un fiore ormai secco che era stato infilato tra le pagine: non si capiva bene cosa fosse, ma l'anziano scienziato olandese pensò che leggendo avrebbe forse trovato la risposta. Il manoscritto raccontava una storia.

A Segariu, nei primi anni della Seconda Guerra mondiale, viveva una ragazza di nome Maria Antioco con la sua famiglia. Maria non aveva fratelli o sorelle ed il padre, un uomo buono ma autoritario, l'aveva promessa in sposa a Sebastiano de Serra, primogenito della famiglia più importante del paese. Sulle prime Maria non fu per niente contenta di quell'imposizione, ma in seguito, visto che Sebastiano era anche un bel ragazzo, se ne fece una ragione e cominciò, come facevano tutte le ragazze della sua età, a sognare il proprio matrimonio.

Un brutto giorno, però, Sebastiano venne richiamato in guerra e dovette recarsi al distretto militare per poi essere imbarcato per l'Africa. I due giovani si salutarono tristemente e Sebastiano le promise che sarebbe tornato presto. Era il giugno del 1940.

Le settimane di quell'estate passarono lentamente tra l'attesa di una lettera ed i soliti impegni quotidiani, sinché, all'approssimarsi dell'autunno, Maria divenne malinconica ed iniziò a farsi vedere sempre di meno in giro. La mamma allora iniziò a darle delle commissioni da fare giusto per farla uscire un po' e durante lo svolgimento di una di queste fece un incontro: un ragazzo a cavallo che trasportava due grossi sacchi di grano le passò davanti sorridendole. Bastò solo che gli sguardi si incrociassero perché i due non dimenticassero più quel momento, ma purtroppo il giovane cavaliere non si vide più da quelle parti per un bel po'. Ciò tuttavia non scoraggiò Maria che continuò ad uscire sempre alla stessa ora con la speranza di rifare quel fortunato incontro.

Finalmente, un giorno, il ragazzo a cavallo ricomparve nelle strade del paese e Maria, senza farsi notare dai passanti, lo seguì, attese che consegnasse il carico che trasportava e si fece trovare in mezzo alla strada. Il ragazzo si chiamava Luca ed era di un paese vicino. Non ci volle molto perché i due facessero amicizia e, dopo l'amicizia, si innamorassero, anche perché da allora Luca fece di tutto per incontrare Maria più volte possibile. Cercavano di non dare nell'occhio e così presero a vedersi di notte presso la chiesetta del pozzo sacro poco fuori il paese. Ma una notte Luisa, la sorella di Sebastiano, che non riusciva a dormire in quel caldo settembre del 1942 e si era affacciata alla finestrella di camera sua, aveva visto Maria aggirarsi tra le viuzze del paese e, incuriosita, era scesa silenziosamente mettendosi a seguirla.

Giunta nei pressi della chiesetta rimase sconvolta: la sua futura cognata, la promessa sposa di suo fratello che era in guerra, si vedeva segretamente di notte con un altro uomo. Quello che aveva visto le bastava. Tornò a casa ed iniziò a meditare vendetta.

Ma la sorte stava preparando un brutto colpo. Agli inizi di novembre del 1942 giunse in paese un telegramma del Ministero della Guerra: Sebastiano de Serra era ufficialmente disperso nella battaglia di El Alamein.

Maria fu sinceramente sconvolta da quella notizia, tuttavia, in fondo al suo animo, non poté fare a meno di pensare che le si era liberata la strada per sposare l'uomo che amava. E così avvenne. Dovette lottare non poco con la sua famiglia che pensava fosse meglio attendere un anno di lutto, ma riuscì a spuntarla e a maggio del 1943 si sposò con Luca.

Luisa non poteva sopportare una simile offesa e, fingendo gioia per il matrimonio, regalò alla sposa un bouquet di fiori, ma in mezzo ad essi inserì un'orchidea, fiore che, secondo una leggenda di Segariu, se rotto dopo lo sposalizio porta sfortuna e la coppia è destinata a dividersi in breve tempo.

Maria non ci fece caso anche se le sembrò un po' strano un regalo da Luisa e continuò a ballare durante la festa; ma, appoggiando il bouquet con poca grazia, ruppe un petalo dell'orchidea senza accorgersene, mentre Luisa, invece, se n'era accorta subito, esultando silenziosamente.

Si può dire che erano appena trascorsi i giorni dei festeggiamenti che arrivò anche a Luca una lettera di richiamo: la guerra stava andando male e la Patria aveva bisogno di uomini.

Maria si sentì morire, le parve una specie di punizione. Tutti in paese erano addolorati da quella partenza, tutti meno una.

Maria e Luca, finalmente non più di nascosto, ma con la morte nel cuore, tornarono alla chiesetta e si avvicinarono al pozzo sacro: secondo un'altra leggenda di Segariu, che gli anziani del posto assicurano essere vera, chi getta una monetina nel pozzo sacro, centrando la luna che si riflette nell'acqua, non potrà fare a meno di ritornare nel paese, lo voglia o no. E Luca lo voleva fortemente.

Così fecero e giurandosi amore eterno si salutarono.

Il manoscritto riportava la data del 13 gennaio 1946, pochi giorni dopo il rientro di Luca dalla prigionia in Russia. Con le ultime righe di quella storia Maria e Luca volevano testimoniare il loro amore e la veridicità della leggenda, ringraziando Santa Luxi, la santa a cui era intitolata la chiesetta del pozzo sacro, per la grazia ricevuta.

Lo scienziato italo-olandese si fermò nella lettura, si tolse gli occhiali e si asciugò il sudore. Prese in mano il fiore secco e comprese che doveva essere un'orchidea, poi ricordò il suo gesto di molti anni prima ed avvertì un brivido. Prima sorrise, poi si commosse fino alle lacrime.

Ma un attimo prima di scoppiare in un pianto dirotto sentì bussare alla porta, era il pastore che doveva portargli il pecorino: "Professor de Serra, ho portato il formaggio, ha fatto una buona passeggiata? È tornato?"

"Sì, sono tornato. Alla fine sono tornato..."

 

Istituto comprensivo di Villamar - sede di Segariu a.s. 2012-2013

Alunni:

Ghiani Giulia
Moi Raffaella Palmas Alessia
Palmas Francesca
Pintori Anna Chiara
Podda Sabrina
Sardu Fabio
Simbula Francesco